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L’importanza delle emozioni primarie: paura e istinto di sopravvivenza

La paura è uno stato emozionale che si attiva per motivare l’organismo a fronteggiare eventi che lo minacciano (Öhman).

Il neurobiologo Joseph LeDoux, studiando l’anatomia cerebrale attraverso tecniche di neuro-formazione di immagini, scoprì che l’ amigdala aveva il ruolo fondamentale di sistema di allarme del cervello in grado di padroneggiare, nell’arco di una frazione di secondo, il lobo prefrontale (in cui ha sede la razionalità) per far fronte all’emergenza.

L’amigdala, e quindi la paura, si può attivare anche in presenza di stimoli innocui

Recenti ricerche condotte da un team di ricerca di Torino hanno evidenziato che, per sopravvivere, gli animali, incluso l’uomo, non possono attendere le conseguenze degli eventi per valutare la presenza di un potenziale pericolo: il nostro cervello ha sviluppato quindi meccanismi in grado di dedurre le conseguenze delle azioni o degli eventi sulla base delle esperienze pregresse: ad esempio, se un evento in passato è stato associato a un pericolo, la sua ricomparsa determinerà immediatamente risposte di fuga o di difesa.

Anche stimoli nuovi che somigliano a quello pericoloso potranno innescare comportamenti difensivi, così da consentire una difesa efficace anche in presenza di nuovi potenziali pericoli.

Al contrario, stimoli nuovi marcatamente diversi da quelli pericolosi non indurranno risposte di difesa che risulterebbero inappropriate e controproducenti.

Questi processi di inferenza sono essenziali nella vita di tutti i giorni: se sono deficitari, si possono scatenare patologie come i disturbi di ansia e i disturbi post-traumatici da stress, in cui stimoli innocui determinano risposte di paura e ansia.

Da tempo è noto che l’amigdala, struttura presente nel cervello di tutti i mammiferi, svolge un ruolo chiave nei processi legati al pericolo e alla paura: aumenta infatti enormemente la propria attività in presenza di stimoli pericolosi, innescando i comportamenti di difesa.

Oggi uno studio dell’équipe di ricerca coordinata dal Prof. Benedetto Sacchetti del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino e dell’Istituto Nazionale di Neuroscienze (INN) dimostra che l’attività dell’amigdala è importante non solo per innescare i comportamenti di difesa in presenza di pericoli, ma anche per prevenire l’insorgenza di tali comportamenti in risposta a stimoli nuovi e innocui.

I ricercatori hanno infatti scoperto che nell’amigdala ci sono almeno due diverse popolazioni di neuroni. La prima, nota da tempo, si attiva in presenza di pericoli o di eventi traumatici; questi neuroni invece si attivano anche in presenza di stimoli nuovi simili a quelli pericolosi, così da innescare le risposte di difesa.

“Quando invece un individuo si trova ad affrontare stimoli nuovi ma diversi da quelli pericolosi, abbiamo scoperto che l’amigdala non smette di essere attiva, come finora ipotizzato – spiega la dottoressa Anna Grosso del team del professor Sacchetti – ma si attiva al suo interno una seconda popolazione di neuroni diversa da quella precedente: questa popolazione non è attiva in presenza di pericoli, è costituita da diverse tipologie di neuroni inibitori ed eccitatori, e sembra servire specificamente per impedire l’innesco delle risposte difensive in presenza di stimoli non potenzialmente pericolosi, infatti la sua distruzione nei topolini da laboratorio causa l’insorgenza delle risposte di paura anche in presenza di stimoli innocui”.

“L’identificazione dei meccanismi che – in una struttura cruciale come l’amigdala per la regolazione dei processi di paura e ansia – consentono di prevenire l’innescarsi delle risposte legate alla paura, può avere importanti risvolti per lo studio dei meccanismi cerebrali coinvolti nei disturbi di paura e ansia» sottolinea il professor Sacchetti.

“Il corretto funzionamento di questa popolazione di neuroni potrebbe infatti risultare danneggiato in presenza di traumi o in situazioni di stress: di conseguenza le persone non sarebbero più in grado di discriminare tra stimoli realmente pericolosi e stimoli invece innocui, mettendo in atto risposte e comportamenti di paura anche in presenza di quest’ultimi, come avviene appunto nei pazienti che soffrono di disturbi d’ansia e di disturbi post-traumatici da stress”.

“Lo studio dei caratteri m’interessa enormemente. Non ci si può occupare del crimine senza tener conto della psicologia. Non è tanto il delitto in se stesso che interessa, quanto ciò che vi si nasconde dietro”, scriveva Agatha Christie.